di Gaia Giorgio Fedi
Con il calo dello spread torna la propensione al rischio. Ed è bene rivedere la propria strategia di portafoglio sui bond. «Dopo questa decisione della Bce – dice il team di Amundi sgr – tutta la parte breve della curva delle obbligazioni italiane è favorita. La strategia preferibile è comunque quella di continuare a puntare su un’ampia diversificazione globale: prodotti a spread, bond globali nominali ma anche quelli legati all’inflazione». Il cambiamento di strategia segnerebbe in ogni caso un ritorno a posizioni più equilibrate. «L’effetto Bce/Fed ha comportato un riequilibrio di condizioni che erano esageratamente asimmetriche», spiega a B&F Mario Spreafico, chief investment officer Italy di Schroders. «Chi aveva un portafoglio sbilanciato sul lato internazionale corre forti rischi perché se la situazione perdura verso la via del riequilibrio saranno penalizzati Paesi e valute che sono stati i beneficiari di questa crisi (Bund tedesco, Paesi del Nordeuropa, titoli denominati in dollaro canadese e australiano). Paradossalmente, ed è questa l’asimmetria, corre meno rischi chi è esposto sui titoli italiani, che però ora può pensare a una diversificazione sui mercati internazionali, per esempio sul dollaro che sopra 1,30 è tornato appetibile o su altre valute che si sono deprezzate come quelle emergenti». Anche Angelo Drusiani, gestore di Albertini sim, sottolinea che sull’obbligazionario è in corso un processo di normalizzazione: «Credo ci sia stata una grossa esagerazione nelle scorse settimane a scapito dei Paesi meno virtuosi, soprattutto Spagna e Italia, ma dal punto di vista del rapporto rischio/rendimento i titoli di stato italiani sono ora molto interessanti, come dimostra l’andamento delle aste. Tornare quindi su questi asset è una scelta condivisibile: anzi, in un portafoglio obbligazionario non si può prescindere da queste tipologie di emissioni perché sono strumenti molto liquidi. E la liquidità – sottolinea Drusiani – rappresenta una delle caratteristiche principali cui deve badare un investitore». Quanto alle maturity, anche se ci si sta focalizzando sui titoli al massimo triennali, perché sono quelli che rientrano nel piano di acquisto della Bce, ma per Drusiani «se la propensione al rischio è medio-alta si può optare su titoli a cinque o 10 anni», che beneficerebbero in misura rilevante da una svolta nella crisi dell’Eurozona. Anche sulle emissioni corporate, penalizzate in passato, si respira un’aria nuova: da valutare in particolare «i titoli emessi sia dalle banche sia da auto e telefonia (per esempio Telecom Italia, che essendo settori molto indebitati offrono rendimenti interessanti», conclude. Mentre Spreafico suggerisce di non trascurare gli high yield, che mediano tra le due asimmetrie descritte in precedenza, e i convertibili, «che beneficiano del miglioramento sia del credito sia dell’azionario».